Archivio per novembre 2008

E tutto si tinge di bianco

nevepv

Suona la sveglia alle 8. Apro gli occhi e dal letto, sotto il caldo del piumone, vedo attraverso la finestra che nevica. Il cielo è bianco, come spesso succede a Pavia. Ma oggi era bianco di neve, bianchi gli alberi del giardino, i tetti, la bicicletta appoggiata alla ringhiera. Mi piace la neve. Mi piace il silenzio che emana, quando lascia deserte alcune strade secondarie. Mi piace vedere i bambini all’uscita da scuola che si tirano palle di neve, o i cortili dell’università, decorati da un pupazzo di neve in una pausa dallo studio. Bello il Ponte Coperto. Bello il fiume che si bagna di fiocchi sottili, mentre le barche a riva diventano bianche. Ecco, il mondo diventa bianco. Per un giorno, per qualche ora. E’ un’atmosfera irreale. Il tempo si ferma. E quando il tempo si ferma i miei occhi brillano.

Occupazione sostenibile, una notte in università

foto-occupazioneUn tavolo rotondo e diverse sedie attorno. Profumo di incenso e computer accesi. Le panche deserte e la lavagna pulita. Dall’aula 6 occupata esce l’unica luce che illumina il cortile di Scienze politiche. Il cancello che si affaccia su corso Carlo Alberto è chiuso e gestito dagli studenti dopo le 20. Per entrare, qualcuno a turno sgancia le due catene e apre il cancello a chi arriva dall’esterno. Le porte non sono aperte a chiunque. Non c’è l’ingresso libero. Alle 22, lunedì sera, primo giorno di occupazione, il cortile era deserto. Nessuno tra i tavolini del bar dell’università. Solo uno spiraglio tra le porte dell’aula 6. Dentro l’occupazione notturna è iniziata da poche ore. Giovanni suona la chitarra, un gruppo gioca a carte. Si lavora al computer e si sistema la stanza. I caloriferi sono accesi. Era una delle preoccupazioni dei ragazzi: svegliarsi di notte al gelo. L’altra erano i bagni. Ma anche quelli restano aperti.

La lista di chi si ferma a dormire riporta una decina di nomi. La maggior parte sono di Scienze politiche, si conoscono da più tempo, alcuni sono compagni di corso. Micol e Sara sono anche coinquiline, da pochi mesi. Ma c’è anche Federico che è iscritto a Scienze naturali. E’ difficile dare un identikit degli occupanti. Non esiste uno stereotipo. Non appartengono tutti a un gruppo studentesco, non si muovono necessariamente sotto una stessa bandiera. Anzi, di bandiere non se ne sono viste neanche durante i corte. «Nessuno del gruppo pavese che ha partecipato alla manifestazione a Roma aveva una bandiera», spiegano i ragazzi. Sono pochi i pavesi “di nascita”, ma tutti sono figli adottivi di una città «piccola e tranquilla», che non soffoca come la vicina Milano, che dà più sicurezza. Giovanni ha 22 anni, laurea triennale in Scienze politiche. Dall’hinterland milanese ha scelto Pavia, per l’indirizzo in Cooperazione e sviluppo internazionale. Impegnato politicamente? «In me è cambiato qualcosa dopo il G8 di Genova», spiega. Giovanni si definisce un “militonto”, «quelli che hanno iniziato l’attività politica al liceo». Che una volta a Pavia, come è successo a lui, hanno sentito il problema degli spazi per i giovani, e con il gruppo Fattispazio hanno cercato di farsi sentire. Non rivela per chi ha votato alle ultime elezioni, ma spiega la sua teoria: «Voto solo quando credo nelle persone che devo delegare». E questo non capita spesso. Da grande? «Vorrei lavorare nella cooperazione internazionale non governativa».

Federico invece viene da Ascoli Piceno. «Città piccola e di destra, una città che soffoca _ spiega _ L’ambiente dei giovani è da squadristi e questo si manifesta molto alto stadio. Se non segui la massa sei tagliato fuori. Tutti i ragazzi che hanno 23 anni come me devono andare a studiare fuori, perché c’è solo Architettura». Anche Federico ha cambiato città. Ha scelto Perugia e Scienze naturali. Federico suona batteria, basso e chitarra. Ad Ascoli faceva combat folk, a Perugia suonava cover dei Pearl Jam. «Sono andato in Erasmus in Olanda _ racconta _ lì si vive bene, ogni dettaglio funziona. L’università ti prepara gradualmente, prima lavori in gruppo poi in azienda». Si è laureato con una tesi sui sistemi informativi geografici. A Perugia gli avevano chiesto di restare, perché mancava qualcuno con le conoscenze che aveva acquisito in Olanda. Federico era indeciso, ci ha pensato. Difficile proiettare tutto il futuro all’estero, così come in almeno tre anni di dottorato a meno di mille euro al mese. Suo papà, operaio, gli ha sempre detto di cercarsi un lavoro nel settore pubblico, magari di insegnare. «Ma hanno chiuso anche le Silsis _ spiega Federico _ non possiamo nemmeno insegnare eppure noi di Scienze naturali siamo preparati per questo». Così restano i sogni: quelli di diventare fotografo naturalista, per assecondare anche la passione per la fotografia. Ecco, Federico, al contrario di Giovanni, crede profondamente nel voto: «Voto sempre _ dice _ perché è un diritto e prima di noi c’è stato chi se l’è dovuto guadagnare». Anche Micol, 22 anni, alle ultime elezioni ha votato. «Pd, ma me ne vergogno, non c’erano alternative», spiega. Micol ha i capelli chiari e occhi da cui esce energia. Dopo la maturità ha passato un anno in Israele, tra volontariato e lavoro. «Quando sono tornata non sapevo bene cosa fare, ma l’idea di tornare a Milano, dove sono nata, mi faceva venire i brividi. Pavia mi piace di più, è più vivibile». Micol vorrebbe lavorare all’estero, in un progetto di cooperazione. Intanto però studia, pensa alla laurea, al viaggio in Asia che seguirà, poi alla specialistica. Alle 23.30, per la sigaretta, i ragazzi escono in cortile. In aula non si fuma. Fuori fa freddo, dentro restano la chitarra e i bicchieri di plastica con il nome scritto a pennarello, per non sprecarne troppi. Si dorme nei sacchi a pelo, sul pavimento, perché la pedana di legno tra le panche è sconnessa. Sveglia alle 7. Hanno aperto il cancello, comprato i giornali, e allestito la colazione informativa, per dare il buongiorno al secondo giorno di occupazione.

Riflessioni sulle radici. Delle parole. Della gente

ge_veloRifletto. Genova, domenica mattina. Alla fermata dell’autobus in piazza Tommaseo una donna aspetta il bus. Indossa il niqab, il velo che lascia scoperti solo gli occhi. Trascina un trolley grigio. Suo marito le si avvicina, le sfiora il viso. Penso a una carezza. Ma la mano di lui non riesce a sfiorare la pelle di lei. Così “carezza” mi viene difficile da usare. Lui indossa una giacca a vento bianca. Guardo incuriosita perché a Genova non avevo ancora visto una donna indossare il niqab. Si vede molto più spesso l’hijab, che copre solo capelli, nuca e orecchie e lascia vedere il volto.

Rifletto. Ho imparato che in arabo jamah (moschea, congregazione) e jamh (plurale) hanno la stessa radice (jmh) e quindi sono legate dallo stesso significato “unire la gente”

Rifletto. Per le scale del mio palazzo incontro un mio vicino di casa. Se gli chiedo il nome ride, perché mi dice “per te è troppo difficile”. E’ senegalese. Qualche giorno fa è partito per il Senegal, starà via qualche settimana. Torna a casa per un motivo preciso: deve conoscere suo figlio Fallou. Adesso ha sei mesi, ma lui non lo ha mai visto. E’ nato quando lui era già tornato in Italia. Sua moglie lo aspetta in Senegal. Allora mi sono ricordata di una mattina che ero andata a parlare con la dirigente dell’ufficio stranieri di Vigevano per lavoro. Mi aveva spiegato che per alcuni paesi, come il Senegal, a venire in Italia sono solo gli uomini. Non vogliono ottenere il ricongiungimento, perché periodicamente tornano nel loro paese. Si sposano. Poi tornano in Italia. Hanno un figlio. Poi tornano. E vanno a vederlo quando ha già qualche mese, appena possono prendersi qualche giorno di ferie dal lavoro italiano. Quando i bambini sono più grandi passano qualche mese in Itali, anche con la mamma, nella pausa scolastica.
Ho visto il mio vicino di casa felice. “Vado a conoscere mio figlio”. Mi è sembrata una frase bellissima. Ma fa pensare. Ecco, rifletto.

Freeze, anche Pavia si congela

freezeIl freeze è una protesta, è creatività, spettacolo metropolitano. Un gruppo di persone si dà appuntamento in un punto preciso della città e a un segnale concordato si blocca, nella posizione in cui si trova. Il mondo si ferma per qualche minuto. Anche Pavia ha avuto il suo freeze day, organizzato dall’Associazione dottorandi pavesi, per simboleggiare fisicamente il blocco della ricerca che deriverà dalla legge 133. C’è chi si è fermato leggendo un libro, chi mentre cercava di allacciarsi una scarpa. Tra chi si soffiava il naso e chi beveva da una bottiglietta d’acqua, camminavano i “non congelati”. Gli universitari pavesi hanno concesso il bis, e alle 13.12 di ieri è suonato per la seconda volta il segnale prestabilito. Strano e particolare vedere statue umane immobili in mezzo alla strada, mentre gruppi di liceali attraversavano piazza della Vittoria, all’uscita da scuola. Tra chi si domandava “Ma cosa sta succedendo?” e chi un po’ dubbioso diceva “Fanno quasi paura”, mi ha colpito l’uscita di un ragazzino che pensando di fare una battuta ha urlato “Ehi, il mondo si è fermato!”. Per lui era solo un modo per far ridere gli amici, ma il senso del freeze è proprio questo: fermare per pochi minuti la realtà che ci circonda. Pavia lo ha fatto con un valore aggiunto: evitare il blocco della ricerca.
“Né pallido, né abbronzato. Ma rosso di vergogna”. Un semplice cartello, appeso al collo di un ricercatore “congelato” in piazza col camice bianco. Non ci sono carinerie che reggono il futuro incerto dell’università.

Il video:

Da vedere anche:

http://laprovinciapavese.repubblica.it/multimedia/home/3604163

Beati i poveri, perché non causeranno la crisi finanziaria

vescovado2Pavia. Vescovado. Convegno sul tema “Felicità e ricchezza”. Al tavolo dei relatori sono seduti Giovanni Bazoli, 76 anni, presidente di banca Intesa, don Virginio Colmegna, presidente della fondazione Casa della carità e il vescovo di Pavia, Giovanni Giudici. Ad ascoltare e poi a intervenire un pubblico composto da molti docenti universitari, giuristi ed economisti, due presidi di facoltà, un rettore di collegio, molti volti noti delle alte sfere cittadine.

Le riflessioni partono dal testo delle beatitudini, si parla di povertà e ricchezza, non solo materiali. Ma diventa difficile non aprire una finestra sull’attualità, soprattutto visti gli ospiti. Alcuni riferimenti alla crisi finanziaria del virgolettato di Giovanni Bazoli sono parte del suo discorso introduttivo, altri scaturiscono dalle domande poste durante il dibattito, sempre sull’attualità e in particolare sulle banche etiche. Bazoli spiega la crisi finanziaria facendo riferimento all’avidità di guadagno dell’uomo, un carattere lontano dal richiamo alla povertà delle beatitudini. Mi chiedo se in un contesto diverso, se qualcuno gli avesse chiesto di spiegare quale, secondo lui, poteva essere il motivo del crollo economico, avrebbe richiamato comunque l’avidità dell’uomo e l’impoverimento dei valori che allontana da un comportamento etico.
bazoliDice Bazoli: «Che significato attribuire alla promessa di felicità riservata ai poveri? Quello delle beatitudini è un testo programmatico, il programma indicato è quello che ciascuno applica alla propria realtà. Chi è povero, debole e fragile è normalmente più vicino a Dio. Questo vale nei rapporti individuali, e nel pubblico? Che senso ha predicare la povertà in una società fondata sull’economia? Lo sconvolgimento economico mondiale è una crisi precipitata per eventi finanziari che trovano spiegazioni tecniche, ma la ragione ultima è l’eccessiva avidità di tutti gli operatori, quando i guadagni e il profitto sono considerati il valore primario da acquisire in tempi sempre più rapidi. Almeno per quanto riguarda le banche, la ragione vera della crisi americana è che si è abbandonato il core business tradizionale delle banche. Perché? Per inseguire il ritmo forsennato della crescita del profitto, per inseguire questo obiettivo le banche sono uscite dall’ambito tradizionale e si sono occupate di finanza, attraverso meccanismi sempre più incontrollabili. La débâcle scaturisce dall’avidità di denaro. C’è un’esigenza etica delle professioni, basata sulla moderazione dei guadagni». 
Sta avanzando il mondo delle banche etiche? «Sì, avanza questo mondo. Noi abbiamo dato vita a “Banca Prossima”*, io ne sono orgoglioso ma ansioso di vedere come va a finire. Quando si tratta di rinunciare a una parte degli utili…»

* “Banca Prossima” è un progetto di Banca Intesa-San Paolo di banca dedicata al settore no-profit laico e religioso. Ha prodotti e servizi specifici, con soluzioni flessibili.  Per esempio il finanziamento “Subito 5xmille” per richiedere l’anticipo dei proventi del 5 per mille. (Dal sito di Banca Prossima)

La classe – Entre les murs

I miei muri, quelli della mia classe del liceo, erano giallini. Parlare di “muri giallini” era un modo per dire “soffocanti”. Tra quattro pareti, che siano gialline, verdine o grigette, gli studenti passano cinque anni, tutte le mattine, con un gruppo-classe imposto e che si pretende debba necessariamente essere funzionante. “Entre les murs” è il titolo giusto per raccontare cosa succede in una stanza. Perché è anche il luogo, la sua forma che determina la vita e il comportamento della classe. Essere ammassati o distanti, con i banchi a ferro di cavallo o in fila, avere spazio, luce, aria. Lo spazio chiuso e il sentire una realtà ancora più chiusa porta a reagire, a cercare di uscirne, a volte con violenza, spesso solo a parole. Le mura nel film di Laurent Cantet sono anche il quartiere, le proprie origini, la famiglia. Una scuola in cui sono rappresentanti paesi diversi, quindi multiculturale, può comunque essere “chiusa”. Il paragone con una nostra classe mi sembra difficile. Ci sono le classi con bambini o ragazzi stranieri, ma non c’è in discussione il senso di appartenenza al proprio paese, perché negli studenti italiani stessi non esiste un forte patriottismo. Non sempre pensiamo a cosa si nasconde dietro al multiculturalismo. Non sempre ci fermiamo a pensare che ditero a un bimbo straniero che va a scuola in Italia c’è una famiglia che magari l’italiano ancora non lo parla bene, c’è una mamma che indossa abiti colorati, gli stessi che usava nel suo paese d’origine e che a noi, e solo a noi, sembrano strani. Vedere cosa succede tra le mura della classe, per capire cosa si nasconde dietro le spalle degli studenti. Non è una cosa che un insegnante può non voler conoscere.


I BRUSCHI DETTAGLI

Raccontare, vedere poi ascoltare e scrivere. Leggere, chiedere, curiosare. E una pagina bianca per dirlo a qualcuno. Non il Tutto, solo qualche dettaglio

SUL COMODINO

Paul Auster, un po' di Pamuk, Erri De Luca

ULTIME LETTURE

Un uso qualunque di te (Sara Rattaro)

Twitter factor (Augusto Valeriani)

La vita è altrove (Milan Kundera)

1Q84 (Haruki Murakami)

Zita (Enrico Deaglio)

L'animale morente (Philip Roth)

Così è la vita (Concita de Gregorio)

I pesci non chiudono gli occhi (Erri De Luca)

Cattedrale (Raymond Carver)

Lamento di Portonoy (Philip Roth)

Libertà (Jonathan Franzen)

Il dio del massacro (Yasmina Reza)

L'uomo che cade (Don De Lillo)

Il condominio (James G. Ballard)

Sunset limited (Cormac McCarthy)

I racconti della maturità (Anton Cechov)

Basket & Zen (Phil Jackson)

Il professore di desiderio (Philip Roth)

Uomo nel buio (Paul Auster)

Indignazione (Philip Roth)

Inganno (Philip Roth)

Il buio fuori (Cormac McCarthy)

Alveare (Giuseppe Catozzella)

Il Giusto (Helene Uri)

Raccontami una storia speciale (Chitra Banerjee Divakaruni)

Cielo di sabbia (Joe R. Lansdale)

La stella di Ratner (Don DeLillo)

3096 giorni (Natascha Kampusch)

Giuliano Ravizza, dentro una vita (Roberto Alessi)

Boy (Takeshi Kitano)

La nuova vita (Orhan Pamuk)

L'arte di ascoltare i battiti del cuore (Jan-Philipp Sendker)

Il teatro di Sabbath (Philip Roth)

Sulla sedia sbagliata (Sara Rattaro)

Istanbul (Orhan Pamuk)

Fra-Intendimenti (Kaha Mohamed Aden)

Indignatevi! (Stéphane Hessel)

Il malinteso (Irène Némirovsky)

Nomi, cognomi e infami (Giulio Cavalli)

Tangenziali (Gianni Biondillo e Michele Monina)

L’Italia in seconda classe (Paolo Rumiz)

ULTIME VISIONI

Be kind rewind (Michel Gondry, 2007)

Kids return (Takeshi Kitano, 1996)

Home (Ursula Meier, 2009)

Yesterday once more (Johnnie To, 2007)

Stil life (Jia Zhang-Ke, 2006)

Cocaina (Roberto Burchielli e Mauro Parissone, 2007)

Alla luce del sole (Roberto Faenza, 2005)

Come Dio comanda (Gabriele Salvatores, 2008)

Genova, un luogo per dimenticare (Michael Winterbottom, 2010)

Miral (ulian Schnabel, 2010)

Silvio forever (Roberto Faenza, 2011)

Election (Johnnie To, 2005)

Oasis (Lee Chang-dong, 2002)

Addio mia concubina(Chen Kaige, 1993)

La nostra vita (Daniele Luchetti, 2010)

Departures (Yojiro Takita, 2008)

La pecora nera (Ascanio Celestini, 2010)

Flags of our fathers (Clint Eastwood, 2006)

L'uomo che fissa le capre (Grant Heslov, 2009)

Buongiorno Notte (Marco Bellocchio, 2003)

Vallanzasca - Gli angeli del male (Michele Placido, 2010)

Paz! (Renato De Maria, 2001)

Stato di paura (Roberto Burchielli, 2007)

Gorbaciof (Stefano Incerti, 2010)

L'esplosivo piano di Bazil (Jean-Pierre Jeunet, 2008)

Confessions (Tetsuya Nakashima, 2010)

127 ore (Danny Boyle, 2010)

Qualunquemente (Giulio Manfredonia, 2011)

American life (Sam Mendes, 2009)

Look both ways (Sarah Watt, 2005)
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