Di solito le tapparelle sono abbassate, lavorare al computer con il sole sullo schermo dà fastidio. Mi giro, guardo alla mia destra dalla scrivania al centro della stanza, e vedo questa finestra, quasi sempre grigia. Ogni tanto me la danno vinta, mi fanno tirare su le listarelle scure. Pochi centimenti però. Fin quando proprio non si resiste.
Mi toglie il respiro. Stare tutto il giorno con la finestra chiusa non mi fa respirare bene. Mi basta poter guardare ogni tanto oltre la parete. Palazzi. Più in basso l’acqua scura del Naviglio. E una panchina. Ieri mattina un anziano è rimasto seduto qualche ora, sotto i raggi di un sole timido. Il cappello di lana in testa, la giacca, le gambe accavallate. Ogni tanto cambiava posizione, ma è stato lì fermo senza alzarsi, per ore. Qualche foglio tra le mani, l’acqua lenta sotto i piedi. Un angolo di mondo isolato da tutto il resto, dalle auto che sfrecciano, dalle voci, dalle facce. Un angolo di mondo in cui ogni tanto qualcuno si ferma. Chi porta a passeggio il cane, chi fa due passi la sera, chi accompagna i bimbi in bicicletta. Chi cerca qualche minuto di pausa. E da quella panchina guarda le finestre. Quasi sempre chiuse. Incapaci di guardare oltre.
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Oltre la finestra, una panchina
Published ottobre 15, 2010 Luoghi 1 CommentTag:finestre, naviglio, panchine, pavia
Spicchi bianchi e verdi a nascondere il volto di un pescatore, immerso nell’erba secca, solo pochi papaveri a colorare il Naviglio. Un ombrello per ritagliarsi l’ombra, un riparo dal sole improvvisamente caldo, dal cielo così intenso. Un tetto per disegnare una pausa sopra la propria testa, sotto gli occhi degli altri, per creare una piccola realtà nascosta, dove la città non esiste, se non nel lento scorrere dell’acqua.