Nel luglio 2001 ero nella mia Genova. Meno presente e preparata a giudicare quanto vedevo in città, ma ugualmente colpita. E scrivevo. Nella mia stanza al confine tra zona gialla e zona rossa. Così ho cercato in una cartella del mio computer quel file. L’ho trovato e lo trascrivo.
Genova… come non l’avevo mai vista…
(Domenica 22 luglio 2001, ore 17.23)
Mi affaccio alla finestra, osservo il cielo, limpido, di un azzurro chiaro e intenso, un cielo libero e pulito, solcato da un elicottero che ogni tanto passeggia sopra i tetti come un gabbiano, che oggi non osa volare…
La strada è deserta, vuota, chiusa tra alti cancelli, avvolta nel silenzio come non lo è mai stata, la mia strada sempre piena di persone che corrono da un negozio all’altro, immersa nelle urla dei fruttivendoli e nelle chiacchiere dei passanti.
La mia strada… sempre animata da musiche spagnole o peruviane, sempre in festa, oggi tace, disabitata e impaurita, un silenzio inquietante, irreale, un presagio, un avvertimento… una quiete inaspettata…
Mentre indago sulla pace che mi trovo intorno, a pochi chilometri Genova cambia aspetto…
Sento una cronista al telegiornale che annuncia scontri e violenze, mi ritrovo a guardare senza parole la televisione, sbigottita mi lascio passare davanti immagini atroci, riconosco le vie, le stradine nascoste, i palazzi, gli alberi, le chiese, quella là dentro è la mia città, e io non posso fare nulla, non posso uscire, non posso salvarla, posso solo guardare in silenzio e piangere dentro…
Quante volte ho visto immagini di violenza, manifestazione scoppiate in risse, tra ragazzi che tirano pietre e poliziotti che tentano di fermarli, che rischiano la vita, per… la giustizia? Per lavoro? Non lo so… Ma tutte le volte mi sentivo lontana da quello scenario, impotente sì, ma fuori da quelle scene, quelle città venivano distrutte, ma non mi appartenevano, e io potevo solo sperare che tutto finisse, che non succedesse mai qui…
E invece la mia città, la mia Genova è ora teatro di pesanti rivolte, ospita quelle stesse scene di violenza, ragazzi coperti in volto, stanno distruggendo le vetrine dei negozi, le automobili parcheggiate e i cassonetti sono piccoli vulcani da cui escono le fiamme della rabbia…
Non posso smettere di affogare in queste immagini, me ne sto raggomitolata sul divano, dentro di me qualcosa muore, dentro di me piango, non mi ero mai accorta di amare così tanto la mia città… sono inchiodata davanti allo schermo, e le immagini si rincorrono, si inseguono… Guardo senza parole, e poi ho riconosciuto quella piazza, dove qualche giorno prima sono andata a trovare mia nonna, quella piazza ora è il letto di morte di un ragazzo… immerso nel sangue…
Mi chiedo se queste 8 persone dormiranno tranquille… Mi chiedo se si sono rese conto che mentre stavano seduti a discutere si stavano moltiplicando i feriti… Il mondo cambierà davvero dopo questi tre giorni? Io, cittadina del mondo, mi sento solo più triste, delusa dalla situazione, dalle persone… Mi sento solo un po’ più persa, un po’ più lontana da una realtà che non riesco a comprendere…