“Come faremmo senza Google”? Lo dice Anna, mia collega, ad alta voce, dall’altra parte dell’open space. Così decidiamo di provarci. Una giornata – quella di oggi – senza usare Google e comunque senza un motore di ricerca.
Io – ore 13
Stamattina ho acceso il computer verso le 9.30. Ho controllato la posta, personale e del lavoro, una sbirciatina su Facebook, il sito di Repubblica. Poi colazione, mi sono vestita al volo e sono uscita. In giro per servizio, sono rientrata in redazione poco dopo mezzogiorno. Stavo per cedere alla tentazione alle 13 in punto per un dubbio lessicale. Che mi sono fatta passare. E il secondo dubbio l’ho risolto con un collega.
Anna – ore 15
Come si fa a fare la giornalista senza motori di ricerca? E come si fa a scoprire se i Depeche mode faranno un concerto in Italia a breve senza passare da Google? A metà giornata devo già ringraziare un collega che mi ha ricordato i danni provocati dalla puntura di un calabrone, un archivio pdf dei vecchi numeri del giornale per ricostruire la storia di una storica pizzeria pavese e ciò che resta della mia memoria senza l’estensione esterna del motore di ricerca che aiuta a risolvere i dubbi. Anche quelli più stupidi. Ma che non vorresti mai vedere tramutati in Gaffe con la “G” maiuscola sul giornale del giorno successivo.
L’astinenza, però, si fa sentire.
Io – Ore 16.30
Dovrei cercare informazioni sul centro anziani di Città Giardino, sede dell’azienda di promozione sociale del quartiere. Se oggi fosse una giornata normale butterei qualche parola chiave sul caro Google, ma siccome oggi non è una giornata normale ho usato il telefono, caro vecchio telefono. Ancora meglio la bacheca in via Acerbi, dove sotto vetro è conservato l’elenco del consiglio di amministrazione. Anna sta iniziando ad odiarmi… perché non può usare Google per cercare gli effetti delle punture di vespe e calabroni. Che pesce è il “caracio”? Lo avrei chiesto al mio motore di ricerca preferito… lo chiedo al mio collega vicino di scrivania. Che mi corregge: “Si dice carassio, ed è una classe di pesci”. Ok lo posso scrivere.
Io – ore 18
Non posso usare nemmeno Google-Maps…
Anna – ore 18.37
Il caposervizio mi chiede: “Ma proprio oggi dovevi stare in astinenza da Google?”. Il fatto è che internet ti semplifica la vita. E riduce i tempi. Soprattutto se devi occuparti di calabroni e scoprire la differenza tra una vespa “germanica”, “cartonaia” e “muratrice”, e gli effetti delle punture degli “imenotteri”. Ed è il 18 agosto. Beh, detto fatto. Neuroni elastici e via: cerco di ricordarmi se a pavia c’è un entomologo, ma mi viene in mente solo un etologo. Risalgo con virtuose peripezie cerebrali al nome, lo cerco nell’agenda, lo disturbo durante una camminata in montagna. E mi spiega i segreti delle società di calabroni e via dicendo. Poi resta il dilemma delle reazioni. Niente 118, non ci rispondono. La salvezza arriva dalla collega che si occupa di sanità, che mi recupera a memoria un allergologo di fiducia. Che risponde dal mare, ma è molto gentile e preparato.
Ora resta solo da trovare la foto. Ma se sull’archivio Ansa digiti “Calabrone” spunta solo Ken Follett che suona la chitarra: misteri dell’informatica.
Io – ore 21
I numeri di telefono si possono trovare sulle pagine bianche. I dubbi si possono risolvere sfogliando il dizionario. Strade, piazze, incroci si possono controllare su una mappa, appesa in ufficio. Però senza Google non puoi cercare il titolo dell’album di un cantante di cui proprio non ti ricordi, non puoi verificare nomi, luoghi. Devi sapere a memoria gli indirizzi dei siti internet che usi più spesso, o almeno devi averli salvati tra i “preferiti”. Per fortuna c’è sempre qualcuno a cui chiedere. Il numero dei residenti di un quartiere l’ho chiesto a un consigliere comunale, e sapendo che questa era la giornata-senza-google al mattino ho segnato per bene nomi, cognomi, dettagli perché sapevo non sarebbe stato facile trovarli. In questo preciso istante vorrei anche cercare le convocazioni del Liverpool per capire quale sarà il destino di Sculli (Genoa o Inter?), la Gazzetta stasera non mi aiuta. Ma, fino a mezzanotte, non posso.
Conclusione? Ci culliamo nella pigrizia, con la certezza di avere una rete tecnologica a salvarci. Per tutta la giornata c’è chi ci ha ricordato che anni fa si lavorava persino senza telefonino, con le tasche piene di gettoni per poter dettare da una cabina dispersa nella nebbia il pezzo in tempo per andare in stampa. Non mi sento figlia dei motori di ricerca, ma perché complicarsi la vita?
Anna – ore 22
Missione compiuta. God bless l’archivio del giornale, la mia agenda ei colleghi. Devo ammettere che è stato divertente (salvo quando hodovuto zampettare fino al dizionario nell’armadio e ho avuto unlast-minute-doubt sul percorso di una strada statale del pavese). Eper stasera ho scelto la disintossicazione totale: cucinasperimentale, radio e pagine scritte. Senza tentazioni a led. Sempre che entro mezzanotte non mi venga un altro dubbio amletico: suppongo che i miei coinquilini felini non riescano a rispondermi. O meglio, io non capisco sempre… Ci vorrebbe il traduttore di Google!