Vero. Puoi sentire qualcuno da lontano. Puoi sentire quando in fondo stai semplicemente immaginando o quando la presenza è un desiderio. Puoi sentire quando aspetti.
Riesci a sentire se guardando il cielo o il mare vedi molto oltre. Vedi un altro cielo e un altro mare e chi lo sta guardando. “Non siamo poi così lontani”. E’ oltre i chilometri, oltre i confini e le distanze. E’ senza spazio e senza tempo.
Lontano era la luna, che significava scappare, fuggire, sognare.
Lontano ora è qui, e significa scappare e sognare in un tempo rubato.
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Published luglio 26, 2008 Riflemozioni Leave a CommentTag:confini, life, luna, mare, scappare, sentire, sognare, sogni, tempo
Giorni di contraddizioni
Published luglio 23, 2008 Riflemozioni 1 CommentTag:life, parole, pensieri, risposte, scelte
Sento, ma non voglio sentire
Penso, ma non voglio pensare
Provo, ma non voglio provare
Scrivo, ma non voglio scrivere
Cerco, ma non voglio cercare
Trovo, ma non voglio trovare
Non ti sento, ma vorrei capire
Un altro mondo è possibile?
Published luglio 20, 2008 Perché Leave a CommentTag:bolzaneto, g8, genova, life, violenza
Nel luglio 2001 ero nella mia Genova. Meno presente e preparata a giudicare quanto vedevo in città, ma ugualmente colpita. E scrivevo. Nella mia stanza al confine tra zona gialla e zona rossa. Così ho cercato in una cartella del mio computer quel file. L’ho trovato e lo trascrivo.
Genova… come non l’avevo mai vista…
(Domenica 22 luglio 2001, ore 17.23)
Mi affaccio alla finestra, osservo il cielo, limpido, di un azzurro chiaro e intenso, un cielo libero e pulito, solcato da un elicottero che ogni tanto passeggia sopra i tetti come un gabbiano, che oggi non osa volare…
La strada è deserta, vuota, chiusa tra alti cancelli, avvolta nel silenzio come non lo è mai stata, la mia strada sempre piena di persone che corrono da un negozio all’altro, immersa nelle urla dei fruttivendoli e nelle chiacchiere dei passanti.
La mia strada… sempre animata da musiche spagnole o peruviane, sempre in festa, oggi tace, disabitata e impaurita, un silenzio inquietante, irreale, un presagio, un avvertimento… una quiete inaspettata…
Mentre indago sulla pace che mi trovo intorno, a pochi chilometri Genova cambia aspetto…
Sento una cronista al telegiornale che annuncia scontri e violenze, mi ritrovo a guardare senza parole la televisione, sbigottita mi lascio passare davanti immagini atroci, riconosco le vie, le stradine nascoste, i palazzi, gli alberi, le chiese, quella là dentro è la mia città, e io non posso fare nulla, non posso uscire, non posso salvarla, posso solo guardare in silenzio e piangere dentro…
Quante volte ho visto immagini di violenza, manifestazione scoppiate in risse, tra ragazzi che tirano pietre e poliziotti che tentano di fermarli, che rischiano la vita, per… la giustizia? Per lavoro? Non lo so… Ma tutte le volte mi sentivo lontana da quello scenario, impotente sì, ma fuori da quelle scene, quelle città venivano distrutte, ma non mi appartenevano, e io potevo solo sperare che tutto finisse, che non succedesse mai qui…
E invece la mia città, la mia Genova è ora teatro di pesanti rivolte, ospita quelle stesse scene di violenza, ragazzi coperti in volto, stanno distruggendo le vetrine dei negozi, le automobili parcheggiate e i cassonetti sono piccoli vulcani da cui escono le fiamme della rabbia…
Non posso smettere di affogare in queste immagini, me ne sto raggomitolata sul divano, dentro di me qualcosa muore, dentro di me piango, non mi ero mai accorta di amare così tanto la mia città… sono inchiodata davanti allo schermo, e le immagini si rincorrono, si inseguono… Guardo senza parole, e poi ho riconosciuto quella piazza, dove qualche giorno prima sono andata a trovare mia nonna, quella piazza ora è il letto di morte di un ragazzo… immerso nel sangue…
Mi chiedo se queste 8 persone dormiranno tranquille… Mi chiedo se si sono rese conto che mentre stavano seduti a discutere si stavano moltiplicando i feriti… Il mondo cambierà davvero dopo questi tre giorni? Io, cittadina del mondo, mi sento solo più triste, delusa dalla situazione, dalle persone… Mi sento solo un po’ più persa, un po’ più lontana da una realtà che non riesco a comprendere…
Sento
Published luglio 18, 2008 Riflemozioni 1 CommentTag:giulietta e romeo, life, nome, rosa, sentire
Sento che ci sono cose che ti fanno stare bene, che ti fanno sorridere, ma anche pensare. Sento che non sempre puoi spiegare perché, a giorni alterni lo vuoi e cerchi una definizione, oppure ne fuggi perché in fondo non ti serve dare un nome alle cose.
“Che cosa c’è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”. Giulietta lo aveva già capito.
Come ti guardi attorno?
Published luglio 13, 2008 Riflemozioni 1 CommentTag:immaginazione, life, noia, pensieri, proust, viaggi
“Un vero viaggio non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi”
(Marcel Proust)
Troppo spesso il desiderio di andare e cambiare non permette di vedere quello che abbiamo davanti, o solo poco distante. Troppo spesso l’idea di muoversi soffoca lo spazio per guardare quello che già c’è. Che non significa smettere di immaginare, abolire viaggi, fisici e mentali. Anzi. E’ solo un monito a ricordare di guardarsi attorno. Imparare a vedere nelle cose di sempre una luce nuova, con più voglia e più forza. Con occhi nuovi le cose di ogni giorno possono continuare a darci la carica, a farci sorridere. Senza la polvere della noia.
Due disgraziate in cerca di risposte
Published giugno 26, 2008 Perché 10 CommentsTag:lavoro, life, pensieri
Capita di incontrare per strada una persona che non vedi da molto tempo. Tu sei con un’amica, la pelle rosso fuoco per il troppo sole nei tuoi due unici giorni di mare, spingi la bici come fosse un mulo con le borse della spesa appese al manubrio e traboccanti dal cestino. Hai una camicia a fiori da vera hippy e così anche la tua amica. Pantaloni corti e larghi che lasciano spuntare lo slip nero, canotta grigia, un’altra bici-mulo da spingere con ancora buste gialle dell’Esselunga. Tra il caldo, la spesa e questo “abito che non fa il monaco”, l’apparenza almeno è di due disgraziate. Che incontrano un vecchio compagno di corso.
“Tu cosa fai?”
“Lavoro da maggio in una multinazionale, non è la stessa di prima perché ci siamo lasciati in cattivi rapporti”
“Come mai?” (Chiedono stupite le due disgraziate)
“Ho chiesto il doppio e non me l’hanno dato, lavoravo 18 ore al giorno. Dove lavoro adesso mi danno un sacco di soldi e quindi ho accettato”
Le due disgraziate a questo punto non fanno la domanda fondamentale: “Scusa quanto guadagni?” Ma anzi sorridono e salutano. Tornate a case, sistemata la spesa, il gelato in freezer, il succo-esperimento-ananas-lime in frigo, la cena per la sera invece resta fuori, le due disgraziate si guardano. “Forse abbiamo sbagliato tutto…”
Con ammirazione per chi può già chiedere il doppio, senza rancore né invidia, solo stupore. E la consapevolezza che fare quello che davvero è il lavoro della vita è sempre diverso. Richiede qualcosa in più.