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Sei qui

Vero. Puoi sentire qualcuno da lontano. Puoi sentire quando in fondo stai semplicemente immaginando o quando la presenza è un desiderio. Puoi sentire quando aspetti. 
Riesci a sentire se guardando il cielo o il mare vedi molto oltre. Vedi un altro cielo e un altro mare e chi lo sta guardando. “Non siamo poi così lontani”. E’ oltre i chilometri, oltre i confini e le distanze. E’ senza spazio e senza tempo.
Lontano era la luna, che significava scappare, fuggire, sognare.
Lontano ora è qui, e significa scappare e sognare in un tempo rubato.

Giorni di contraddizioni

Sento, ma non voglio sentire
Penso, ma non voglio pensare
Provo, ma non voglio provare
Scrivo, ma non voglio scrivere
Cerco, ma non voglio cercare
Trovo, ma non voglio trovare

Non ti sento, ma vorrei capire

Un altro mondo è possibile?

Genova ricorda il suo G8, lo fa con una manifestazione oggi, lo fa con i fiori che periodicamente vengono messi e tolti in piazza Alimonda. Ma a far parlare ancora di quella Genova c’è la sentenza su quanto accadde a Bolzaneto (condannati 15 imputati, 30 assolti, nessuno in carcere) e l’ultima notizia emersa dalle 20 pagine depositate all’ufficio impugnazioni del tribunale di Genova (un contingente di soldati americani era autorizzato e pronto a spararein caso di aggressione ai propri rappresentanti istituzionali).

Nel luglio 2001 ero nella mia Genova. Meno presente e preparata a giudicare quanto vedevo in città, ma ugualmente colpita. E scrivevo. Nella mia stanza al confine tra zona gialla e zona rossa. Così ho cercato in una cartella del mio computer quel file. L’ho trovato e lo trascrivo.

Genova… come non l’avevo mai vista…
(Domenica 22 luglio 2001, ore 17.23)

 Mi affaccio alla finestra, osservo il cielo, limpido, di un azzurro chiaro e intenso, un cielo libero e pulito, solcato da un elicottero che ogni tanto passeggia sopra i tetti come un gabbiano, che oggi non osa volare…

La strada è deserta, vuota, chiusa tra alti cancelli, avvolta nel silenzio come non lo è mai stata, la mia strada sempre piena di persone che corrono da un negozio all’altro, immersa nelle urla dei fruttivendoli e nelle chiacchiere dei passanti.

La mia strada… sempre animata da musiche spagnole o peruviane, sempre in festa, oggi tace, disabitata e impaurita, un silenzio inquietante, irreale, un presagio, un avvertimento… una quiete inaspettata…

Mentre indago sulla pace che mi trovo intorno, a pochi chilometri Genova cambia aspetto…

Sento una cronista al telegiornale che annuncia scontri e violenze, mi ritrovo a guardare senza parole la televisione, sbigottita mi lascio passare davanti immagini atroci, riconosco le vie, le stradine nascoste, i palazzi, gli alberi, le chiese, quella là dentro è la mia città, e io non posso fare nulla, non posso uscire, non posso salvarla, posso solo guardare in silenzio e piangere dentro…

Quante volte ho visto immagini di violenza, manifestazione scoppiate in risse, tra ragazzi che tirano pietre e poliziotti che tentano di fermarli, che rischiano la vita, per… la giustizia? Per lavoro? Non lo so… Ma tutte le volte mi sentivo lontana da quello scenario, impotente sì, ma fuori da quelle scene, quelle città venivano distrutte, ma non mi appartenevano, e io potevo solo sperare che tutto finisse, che non succedesse mai qui…

E invece la mia città, la mia Genova è ora teatro di pesanti rivolte, ospita quelle stesse scene di violenza, ragazzi coperti in volto, stanno distruggendo le vetrine dei negozi, le automobili parcheggiate e i cassonetti sono piccoli vulcani da cui escono le fiamme della rabbia…

 Non posso smettere di affogare in queste immagini, me ne sto raggomitolata sul divano, dentro di me qualcosa muore, dentro di me piango, non mi ero mai accorta di amare così tanto la mia città… sono inchiodata davanti allo schermo, e le immagini si rincorrono, si inseguono… Guardo senza parole, e poi ho riconosciuto quella piazza, dove qualche giorno prima sono andata a trovare mia nonna, quella piazza ora è il letto di morte di un ragazzo… immerso nel sangue…

Mi chiedo se queste 8 persone dormiranno tranquille… Mi chiedo se si sono rese conto che mentre stavano seduti a discutere si stavano moltiplicando i feriti… Il mondo cambierà davvero dopo questi tre giorni? Io, cittadina del mondo, mi sento solo più triste, delusa dalla situazione, dalle persone… Mi sento solo un po’ più persa, un po’ più lontana da una realtà che non riesco a comprendere…

Sento

Sento che ci sono cose che ti fanno stare bene, che ti fanno sorridere, ma anche pensare. Sento che non sempre puoi spiegare perché, a giorni alterni lo vuoi e cerchi una definizione, oppure ne fuggi perché in fondo non ti serve dare un nome alle cose.

“Che cosa c’è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”. Giulietta lo aveva già capito.

Come ti guardi attorno?

“Un vero viaggio non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi”
(Marcel Proust)

Troppo spesso il desiderio di andare e cambiare non permette di vedere quello che abbiamo davanti, o solo poco distante. Troppo spesso l’idea di muoversi soffoca lo spazio per guardare quello che già c’è. Che non significa smettere di immaginare, abolire viaggi, fisici e mentali. Anzi. E’ solo un monito a ricordare di guardarsi attorno. Imparare a vedere nelle cose di sempre una luce nuova, con più voglia e più forza. Con occhi nuovi le cose di ogni giorno possono continuare a darci la carica, a farci sorridere. Senza la polvere della noia.

Due disgraziate in cerca di risposte

Capita di incontrare per strada una persona che non vedi da molto tempo. Tu sei con un’amica, la pelle rosso fuoco per il troppo sole nei tuoi due unici giorni di mare, spingi la bici come fosse un mulo con le borse della spesa appese al manubrio e traboccanti dal cestino. Hai una camicia a fiori da vera hippy e così anche la tua amica. Pantaloni corti e larghi che lasciano spuntare lo slip nero, canotta grigia, un’altra bici-mulo da spingere con ancora buste gialle dell’Esselunga. Tra il caldo, la spesa e questo “abito che non fa il monaco”, l’apparenza almeno è di due disgraziate. Che incontrano un vecchio compagno di corso.

Tu cosa fai?”
“Lavoro da maggio in una multinazionale, non è la stessa di prima perché ci siamo lasciati in cattivi rapporti”
“Come mai?”
(Chiedono stupite le due disgraziate)
“Ho chiesto il doppio e non me l’hanno dato, lavoravo 18 ore al giorno. Dove lavoro adesso mi danno un sacco di soldi e quindi ho accettato”

Le due disgraziate a questo punto non fanno la domanda fondamentale: “Scusa quanto guadagni?” Ma anzi sorridono e salutano. Tornate a case, sistemata la spesa, il gelato in freezer, il succo-esperimento-ananas-lime in frigo, la cena per la sera invece resta fuori, le due disgraziate si guardano. “Forse abbiamo sbagliato tutto…”
Con ammirazione per chi può già chiedere il doppio, senza rancore né invidia, solo stupore. E la consapevolezza che fare quello che davvero è il lavoro della vita è sempre diverso. Richiede qualcosa in più.


I BRUSCHI DETTAGLI

Raccontare, vedere poi ascoltare e scrivere. Leggere, chiedere, curiosare. E una pagina bianca per dirlo a qualcuno. Non il Tutto, solo qualche dettaglio

SUL COMODINO

Paul Auster, un po' di Pamuk, Erri De Luca

ULTIME LETTURE

Un uso qualunque di te (Sara Rattaro)

Twitter factor (Augusto Valeriani)

La vita è altrove (Milan Kundera)

1Q84 (Haruki Murakami)

Zita (Enrico Deaglio)

L'animale morente (Philip Roth)

Così è la vita (Concita de Gregorio)

I pesci non chiudono gli occhi (Erri De Luca)

Cattedrale (Raymond Carver)

Lamento di Portonoy (Philip Roth)

Libertà (Jonathan Franzen)

Il dio del massacro (Yasmina Reza)

L'uomo che cade (Don De Lillo)

Il condominio (James G. Ballard)

Sunset limited (Cormac McCarthy)

I racconti della maturità (Anton Cechov)

Basket & Zen (Phil Jackson)

Il professore di desiderio (Philip Roth)

Uomo nel buio (Paul Auster)

Indignazione (Philip Roth)

Inganno (Philip Roth)

Il buio fuori (Cormac McCarthy)

Alveare (Giuseppe Catozzella)

Il Giusto (Helene Uri)

Raccontami una storia speciale (Chitra Banerjee Divakaruni)

Cielo di sabbia (Joe R. Lansdale)

La stella di Ratner (Don DeLillo)

3096 giorni (Natascha Kampusch)

Giuliano Ravizza, dentro una vita (Roberto Alessi)

Boy (Takeshi Kitano)

La nuova vita (Orhan Pamuk)

L'arte di ascoltare i battiti del cuore (Jan-Philipp Sendker)

Il teatro di Sabbath (Philip Roth)

Sulla sedia sbagliata (Sara Rattaro)

Istanbul (Orhan Pamuk)

Fra-Intendimenti (Kaha Mohamed Aden)

Indignatevi! (Stéphane Hessel)

Il malinteso (Irène Némirovsky)

Nomi, cognomi e infami (Giulio Cavalli)

Tangenziali (Gianni Biondillo e Michele Monina)

L’Italia in seconda classe (Paolo Rumiz)

ULTIME VISIONI

Be kind rewind (Michel Gondry, 2007)

Kids return (Takeshi Kitano, 1996)

Home (Ursula Meier, 2009)

Yesterday once more (Johnnie To, 2007)

Stil life (Jia Zhang-Ke, 2006)

Cocaina (Roberto Burchielli e Mauro Parissone, 2007)

Alla luce del sole (Roberto Faenza, 2005)

Come Dio comanda (Gabriele Salvatores, 2008)

Genova, un luogo per dimenticare (Michael Winterbottom, 2010)

Miral (ulian Schnabel, 2010)

Silvio forever (Roberto Faenza, 2011)

Election (Johnnie To, 2005)

Oasis (Lee Chang-dong, 2002)

Addio mia concubina(Chen Kaige, 1993)

La nostra vita (Daniele Luchetti, 2010)

Departures (Yojiro Takita, 2008)

La pecora nera (Ascanio Celestini, 2010)

Flags of our fathers (Clint Eastwood, 2006)

L'uomo che fissa le capre (Grant Heslov, 2009)

Buongiorno Notte (Marco Bellocchio, 2003)

Vallanzasca - Gli angeli del male (Michele Placido, 2010)

Paz! (Renato De Maria, 2001)

Stato di paura (Roberto Burchielli, 2007)

Gorbaciof (Stefano Incerti, 2010)

L'esplosivo piano di Bazil (Jean-Pierre Jeunet, 2008)

Confessions (Tetsuya Nakashima, 2010)

127 ore (Danny Boyle, 2010)

Qualunquemente (Giulio Manfredonia, 2011)

American life (Sam Mendes, 2009)

Look both ways (Sarah Watt, 2005)
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