“Perché non mi dici quello che senti?”
“Perché non sento niente”
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“Perché non mi dici quello che senti?”
“Perché non sento niente”
La radio diceva di case distrutte, di morti. Un terremoto. Stavo facendo colazione, bevevo il caffè. “Sarà successo in Indonesia”. Non so perché proprio l’Indonesia, comunque non qui, non in Italia. Invece parla Bertolaso. Si fa silenzio. Il volume della radio si fa più alto. Internet dà le prime risposte. Immagini, 24 morti, che diventano 27 nel giro di poco. Ma è solo l’inizio di una giornata che sarà un continuo guardare a quelle cifre, a quei volti, a quei paesi che non esistono più. Quando noi, nelle nostre case, nelle auto diretti al lavoro, sentivamo del terremoto in Abruzzo, là l’inferno era già iniziato da ore. Chissà perché succede quasi sempre di notte. Al buio, quando si ha più paura.
Il Tg1 lancia un servizio sulle “reazioni politiche” al terremoto. A me viene da pensare, chissenefrega di cosa pensano i politici. Cosa c’è da commentare? Se si poteva davvero fare qualcosa e non è stato fatto. Ma se l’argomento è questo lo chiamano “fare polemica”. Eppure…
Scorro le agenzie dell’Ansa. Ci sono vite, tante, strappate, ritrovate. Alle 11.48 trovano una bimba viva tra le macerie, la madre è morta per salvarla. Alle 16.51 trovano una mamma con i figli tra le braccia. Sono tutti morti. Sono due gocce. Prima e dopo ci sono le condoglianze a Berlusconi da parte di Putin, per citarne uno. Non so… mi sembra troppo facile fare le condoglianze a Berlusconi. Sono formalità? E’ l’etichetta?
Alle 22.44 – mentre scrivo – trovano viva una ragazza di 21 anni. Si contano 150 morti, duemila feriti, oltre 100mila sfollati. Ecco. Anche questo fa rabbia. Restiamo in silenzio davanti alle immagini, angoscia, ansia, persino paura. Fa male vedere, anche se non riusciamo a smettere, anche se non si può non cercare informazioni, capire. Però lo sappiamo già che non sarà così tra un mese, due mesi, quando queste persone continueranno a non avere una casa e noi avremo altro da guardare.