“La Lega ci dà spazio, ci fa crescere, ma noi facciamo tutte le tappe”. I capelli tagliati precisi, camicia, maglione, un fazzolettino verde al collo. I giovani del Movimento Universitario Padano, il Mup, sono il primo anello della catena politica del partito. Un po’ più che militanti, già piccoli politici. A Pavia si candidano in università per senato, consiglio di amministrazione, ma anche nei consigli di facoltà di giurisprudenza, economica e ingegneria, dove già sono rappresentanti. Sono presenti in tutto il nord, “ma non solo in Lombardia e Veneto che magari è più facile, siamo anche a Torino, e poi Firenze, abbiamo rappresentanti in Umbria e nelle Marche”). Le elezioni saranno a metà maggio. Dopo anni di assenza si erano ripresentanti nel 2008, ottenendo il 7%. “Adesso puntiamo a fare di più, abbiamo più esperienza, anche politica”. Tra i candidati alle cariche in ateneo, sei sono già consiglieri comunali, a Pavia, e in alcuni comuni limitrofi. Il portavoce nazionale del Mup è consigliere comunale a Bergamo. Nessuno di loro si candiderà al Cnsu, il Consiglio nazionale degli studenti universitari. “Perché è solo un organo consultivo, noi abbiamo molto di più”. Il potere della Lega lo spiega il bergamasco. I giovani leghisti quando hanno un problema chiamano direttamente i loro corrispettivi “adulti”, dal comune alla provincia, poi in regione fino in parlamento. Nessun impaccio, basta una telefonata, un po’ di insistenza, magari. “Per gli altri non è così, quando lo raccontiamo ci guardano stupiti”. “Magari loro possono chiamare qualche escort”. E’ solo una delle tante frecciate. I giovani padani delle alleanze nazionali se ne fregano. Sono uno degli ingranaggi di un partito che prende giovani militanti e inizia a farli esercitare con il gioco delle elezioni universitarie, con il vantaggio di essere anche consiglieri comunali, magari piccoli piccoli ma già nel meccanismo della politica. Così se gli ingegneri chiedono più sicurezza per il parcheggio della facoltà si può chiedere direttamente al sindaco di dirottare lì qualche telecamera per il piano-sicurezza. Come per i Leghisti-adulti, anche i Leghisti-bambini nei loro programmi puntano proprio sulla sicurezza. E sulla legge Gelmini? La riforma? Le tasse? Cosa dicono? Dicono che “il movimento di sinistra credeva di simulare il ’68, ma si alleava con i professori baroni, che vogliono solo tenersi strette le poltrone, mentre noi abbiamo organizzano incontri, convegni, abbiamo fatto proposte ai nostri parlamentari e ne hanno discusso in camera e senato”. Lasciano intendere che i veri Sessantottini sono loro, che le bandiere hanno cambiato colore. I giovani padani sanno di non avere i numeri per contrastare gli altri gruppi studenteschi, dal Coordinamento ad Azione universitaria (sinistra e destra, ben contrapposte). E ne hanno per entrambi. Nel laboratorio politico leghista, che fermenta tra i banchi dell”università, non c’è diplomazia, non ci sono alleanze, la realtà politica là fuori conta solo per dire “che be’ visto come sono andate le regionali magari ci aspettiamo qualcosa di più”, ma il legame tra Politica e politica non è scontato, lo sanno anche loro. Così le critiche sono forti a sinistra come a destra, a entrambi i movimenti i Padani rimproverano sprechi nei fondi per le attività. “Noi siamo una minoranza. Ma non una minoranza come quella di Fini, noi siamo più grandi e soprattutto stiamo crescendo”. C’è un sorriso nel viso pulito e sbarbato che lo dice. Quasi un ghigno. “I voti non si contano ma si pesano, lo diceva Bossi, che prorio a Pavia, nella nostra università, ha iniziato a pensare a questo partito”. Ora il sorriso è orgoglioso.
Non consideravo molto importanti le elezioni universitarie, lo ammetto. Ora mi chiedo, non è che invece, ragionando sulla base e non solo sui vertici nazionali, ragionando sulle prove generali di chi farà politica da grande, forse si potrebbe anche azzardare qualche previsione?