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Milano all’improvviso

Milano. Decido al volo, all’improvviso. Guardo gli orari dei treni  mentre mangio un pomodoro. Mi piace sempre il cielo che si fa scuro quando entri in stazione. Parto con l’idea che ho bisogno di fare due passi, non qui. Pavia-Milano è una distanza piccolissima, ma è una distanza. Un paio di scarpe, una maglietta, un regalo per mio fratello. Ma più che altro mi guardo attorno, circondata da persone che corrono o passeggiano, estremi. Ritrovo quell’indifferenza metropolitana che si incontra spesso all’estero.

Un uomo ha appoggiato la bicicletta in mezzo a uno spartitraffico e seduto su uno sgabello pieghevole disegna. Gli passano accanto i tram, rumorosi, pieni. E un cartello ricorda che devono andare a passo d’uomo. Penso ai numero incidenti degli ultimi mesi, mi chiedo se il cartello c’è per questo. O se c’era già. Una ragazza ha una maglietta con una scritta sulla schiena che attira l’attenzione: “E tu in cosa credi?”. Ne vedo un’altra con la t-shirt stile Minetti (“senza la t-shirt sono ancora meglio”). Non si parla una sola lingua in questa città, rumorosa ma non abbastanza da non permetterti di ascoltare i suoni di voci di paesi diversi. C’è un po’ di tutto, giacche e cravatte, abiti eleganti, turisti con le mani piene di sacchetti, colori, eccentrici, moda, vecchie signore. Una bici dorata, una bici che cade scivolando lungo il palo a cui è legata. Sono anche entrata in duomo. Mi colpisce l’esercitoall’ingresso, il soldato in mimetica che mi dice “open” e controlla il contenuto della borsa. Dentro è buio, ti chiedono di fare silenzio. E allora, silenzio.

Sulle tracce di Pamuk

Pamuk la prima volta ha comprato il biglietto e ha girato per le stanze del museo Bagatti Valsecchi come un qualsiasi visitatore. La seconda volta una volontaria lo ha riconosciuto, ma per non disturbarlo non ha detto nulla. La terza volta si è presentato. Impossibile nascondere il legame con quegli oggetti esposti nelle stanze di Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi. Ogni tanto torna in via Gesù,  piccola traversa di via Montenapoleone, Milano. Mi piacerebbe incontrarlo proprio qui. Di questo museo Orhan Pamuk ne parla nel suo ultimo libro Il museo dell’innocenza. Ne parla come un luogo in cui ritrovare un po’ di serenità, in cui perdersi tra le cose di altri. E quindi tra i loro ricordi. Sono legata a quel libro, tanto che quasi non lo so spiegare e ho seguito il suo consiglio. All’ingresso mi spiegano che non sono molti i visitatori-lettori di Pamuk, forse sono persino la prima, mi dicono. Lascio la borsa, cammino per le stanze solo con me stessa. E’ il palazzo di una famiglia nobile di fine Ottocento, con una collezione di oggetti del Cinqucento. Ceramiche elaborate, armature, spade e scudi, ma anche pettini, mobili in miniatura per bambini, un mortaio, un mappamondo. Senza aver letto Pamuk sarebbe stato solo un museo sulla cultura rinascimentale. Invece è un esempio di come sia possibile concentrare estratti di vita nelle cose. E’ una raccolta di oggetti. Fausto e Giuseppe hanno raccolto un pezzo dopo l’altro tutto quello c’è nelle loro stanze. Noi oggi possiamo leggere etichette che ne spiegano l’epoca, il materiale, l’uso. E possiamo solo immaginare i ricordi, le emozioni di ogni dettaglio.

http://www.museobagattivalsecchi.org

Quello che sento, dentro

Potrei parlare, discutere, stringere i denti… sorridere…
mentire infinitamente, dire e ridire inutilità
mostrare falsa, ipocrita serenità, quando le parole si ribellano
favole fiumi, mari, di perplessità
non c’è una ragione per non provare quello che sento… dentro…
un cielo immenso… dentro…
quello che sento

Ho bisogno di stare con te
regalarti le ali di ogni mio pensiero
oltre le vie chiuse in me
voglio aprire il mio cuore a ciò che è vero

(Quello che sento – Due parole, 1996)

Da tanto non sentivo questa canzone. Così il concerto di ieri sera (Carmen Consoli allo Smeraldo di Milano) mi ha fatto uscire più piena. Voce bellissima, note siciliane che ogni tanto prendono il sopravvento e colorano gli accenti, le sillabe. Musica dura, talvolta delicata. Strano sentire Carmen Consoli seduti a teatro. L’avevo vista a Genova, il palco appoggiato sul mare, le gambe libere per saltare. A teatro sei trattenuto, ma l’atmosfera è più calda, confidenziale, dialogante. Ritrovi nei testi suonati dal vivo pezzi di vita, pezzi di storie, pensieri vissuti ma resi alla perfezione da parole di altri. Nell’aria gelida della sera, nella stessa aria gelida di questa mattina, che però concede un cielo incredibilmente azzurro, mi chiedo se davvero quest’anno “primavera tarderà”.

Dicesi Kitsch

Rosa con pelucchi che spuntano dalla cornetta e dalla base. Una vetrina milanese di telefoni in offerta, una piramide di simboli del Kitsch. Come una poltrona rivestita di stoffa zebrata o il souvenir portato via da Venezia, una gondola che si illumina come uno di quei lumini da monumento funebre. Kitsch rimanda a cattivo gusto, sei kitsch se giri con lo smalto a quadretti su terribili unghie finte o se mischi i colori a voler imitare Arlecchino. E’ però una parola abusata, oggi ciò che non ci sembra del tutto ordinario finisce per cadere in questa categoria… Forse per questo non mi dispiace.


I BRUSCHI DETTAGLI

Raccontare, vedere poi ascoltare e scrivere. Leggere, chiedere, curiosare. E una pagina bianca per dirlo a qualcuno. Non il Tutto, solo qualche dettaglio

SUL COMODINO

Paul Auster, un po' di Pamuk, Erri De Luca

ULTIME LETTURE

Un uso qualunque di te (Sara Rattaro)

Twitter factor (Augusto Valeriani)

La vita è altrove (Milan Kundera)

1Q84 (Haruki Murakami)

Zita (Enrico Deaglio)

L'animale morente (Philip Roth)

Così è la vita (Concita de Gregorio)

I pesci non chiudono gli occhi (Erri De Luca)

Cattedrale (Raymond Carver)

Lamento di Portonoy (Philip Roth)

Libertà (Jonathan Franzen)

Il dio del massacro (Yasmina Reza)

L'uomo che cade (Don De Lillo)

Il condominio (James G. Ballard)

Sunset limited (Cormac McCarthy)

I racconti della maturità (Anton Cechov)

Basket & Zen (Phil Jackson)

Il professore di desiderio (Philip Roth)

Uomo nel buio (Paul Auster)

Indignazione (Philip Roth)

Inganno (Philip Roth)

Il buio fuori (Cormac McCarthy)

Alveare (Giuseppe Catozzella)

Il Giusto (Helene Uri)

Raccontami una storia speciale (Chitra Banerjee Divakaruni)

Cielo di sabbia (Joe R. Lansdale)

La stella di Ratner (Don DeLillo)

3096 giorni (Natascha Kampusch)

Giuliano Ravizza, dentro una vita (Roberto Alessi)

Boy (Takeshi Kitano)

La nuova vita (Orhan Pamuk)

L'arte di ascoltare i battiti del cuore (Jan-Philipp Sendker)

Il teatro di Sabbath (Philip Roth)

Sulla sedia sbagliata (Sara Rattaro)

Istanbul (Orhan Pamuk)

Fra-Intendimenti (Kaha Mohamed Aden)

Indignatevi! (Stéphane Hessel)

Il malinteso (Irène Némirovsky)

Nomi, cognomi e infami (Giulio Cavalli)

Tangenziali (Gianni Biondillo e Michele Monina)

L’Italia in seconda classe (Paolo Rumiz)

ULTIME VISIONI

Be kind rewind (Michel Gondry, 2007)

Kids return (Takeshi Kitano, 1996)

Home (Ursula Meier, 2009)

Yesterday once more (Johnnie To, 2007)

Stil life (Jia Zhang-Ke, 2006)

Cocaina (Roberto Burchielli e Mauro Parissone, 2007)

Alla luce del sole (Roberto Faenza, 2005)

Come Dio comanda (Gabriele Salvatores, 2008)

Genova, un luogo per dimenticare (Michael Winterbottom, 2010)

Miral (ulian Schnabel, 2010)

Silvio forever (Roberto Faenza, 2011)

Election (Johnnie To, 2005)

Oasis (Lee Chang-dong, 2002)

Addio mia concubina(Chen Kaige, 1993)

La nostra vita (Daniele Luchetti, 2010)

Departures (Yojiro Takita, 2008)

La pecora nera (Ascanio Celestini, 2010)

Flags of our fathers (Clint Eastwood, 2006)

L'uomo che fissa le capre (Grant Heslov, 2009)

Buongiorno Notte (Marco Bellocchio, 2003)

Vallanzasca - Gli angeli del male (Michele Placido, 2010)

Paz! (Renato De Maria, 2001)

Stato di paura (Roberto Burchielli, 2007)

Gorbaciof (Stefano Incerti, 2010)

L'esplosivo piano di Bazil (Jean-Pierre Jeunet, 2008)

Confessions (Tetsuya Nakashima, 2010)

127 ore (Danny Boyle, 2010)

Qualunquemente (Giulio Manfredonia, 2011)

American life (Sam Mendes, 2009)

Look both ways (Sarah Watt, 2005)
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