Archive for the 'pavia' Category

Camminando per Pavia, periferia vicina

Ho camminato un po’. Strade che di solito non percorro, o che mi passano accanto veloci, lontane dal centro. Dopo giorni di gelo che toglie il respiro, oggi c’era il sole e 3 gradi. Tanti rispetto ai -14. Così ho camminato. Pavia, via Ferrini e poi via Fasolo. Sui marciapiedi la neve rimasta è diventata ghiaccio. Si procede a bordo strada. Davanti a me una signora parla al cellulare. Poi chiude la telefonata. Si sente seguita, si gira. Sono solo io, che tengo il passo. Superiamo gli operai che lavorano in via Fasolo. La strada, chiusa al traffico da un paio di settimane (prima si è aperta una voragine per la fogna, poi si è scoperta una perdita di gas) ha un’aria irreale senza auto. Passano due anziani in bicicletta, in discesa, comodamente in mezzo alla strada, chiacchierando. Gli operai scavano. L’odore di gas non si sente più. Ma credo passerà ancora del tempo prima di vedere chiuso il buco. Mi infilo nelle stradine del Crosione, che portano i nomi di regioni e località italiane. Anche qui si cammina in mezzo alla strada, marciapiedi ghiacciati. Piazzale Crosione è sempre stato il ritratto di una periferia decadente anche se in mezzo a graziose villette. Quattro palazzoni popolari svettano e si appogiano su un piccolo parco giochi, ingombranti. Adesso è peggio. Le gru costruiscono appendici dei palazzi, il parco è un cantiere. Fermo. Prendo il caffè con un amica, biscotti fatti in casa, progetti in un giorno senza lavoro. Poi riprendo a camminare. Ripercorro le stesse strade, poi arrivo al Naviglio. E’ una lastra di ghiaccio. Ieri una nutria camminava sull’acqua che non è acqua. Oggi c’erano sacchi dei rifiuti e sedie lanciati e incastrati su quella lastra sottile. Viale Sicilia, auto parcheggiate, palazzi, ancora case popolari. Uno straccio bianco è rimasto impigliato sui rami. Alzo lo sguardo. In fondo sulla sinistra si vedono le guglie del cimitero di San Giovannino. Ma io vado a destra. Seguo lo scroscio dell’acqua che si butta in piccole cascate cercando il Ticino. Vecchie strutture arrugginite di chi un tempo doveva controllare le chiuse. Ora sono solo monumenti abbandonati e dimenticati. Viale Partigiani sale lenta. Un gruppo di studenti aspetta l’autobus. Il quartiere di Santa Teresa vive operoso, ha il suo panificio, la farmacia, piccole botteghe di una volta. Qui spesso salta la consegna della posta, il vecchio postino è andato in pensione e lo sostituiscono colleghi che coprono la sua zona ricorrendo a ore straordinarie di lavoro. Quando si riesce. Siamo vicini al cimitero quindi ci sono i marmisti con le loro lapidi esposte alla neve una appoggiata all’altra. Sulla vetrina delle onoranze funebri con gli occhi miopi leggo “Prestitempo”: è una finanziaria, ma mi suona fuoriluogo. Sui muri, sui tabelloni degli autobus, ci sono decine di adesivi “Gesù sta arrivando”. Tiro fuori il cellulare e scatto una foto. Raggiungo un colorificio. E’ lì che sono diretta. Poi torno indietro. Viale Gorizia ha villette basse e giardini. Sul lato del collegio del Maino corre la pista ciclabile, a tratti così stretta da dover scendere e proseguire a piedi. Passo di lì, i piedi immersi in una fanghiglia di neve e terra e foglie. La città è triste. E’ la neve?

Neve. Ricordo giallo e arancio


Nevica. Non molto in effetti. Forse è più pioggia, ma c’è un leggero strato bianco sull’aiuola che vedo dalla finestra. Pavia aspettava la neve. Ne ha un assaggio in queste ore, magari nella notte i centimetri aumenteranno. Per ora, sono le 22, siamo fermi a uno. Scatto una fotografia aprendo la finestra della redazione. La luce è arancione, si vedono i fiocchi sotto il lampione. Neve significa chiedersi se domani mattina vedrò dalla finestra sul tetto nella mansarda solo uno strato bianco. Neve significa chiedersi se domani si giocheranno le partite di calcio. E questo cambia molto nel giornale del giorno dopo. Di ricordi di neve se ne pescano parecchi, basta pensarci qualche minuto. Però, così, appena vista la luce giallastra, mi sono ricordata di un capodanno di tanti anni fa. Ero una bambina, la mia famiglia era invitata a cena da una compagna di scuola. Non lontanissimo da casa, però in un quartiere diverso. Io tra i vicoli del centro storico, lei in cima alla collina di Carignano. Quando siamo usciti, a festeggiamenti finiti, c’era la neve. Quella fresca della notte, intatta anche in una città. Intatta perché nessuna auto circolava, tutti intenti a rincorrere il nuovo anno. Siamo arrivati a casa, io e papà ci siamo cambiati, abbiamo aggiunto qualche strato sotto le giacche e siamo usciti di nuovo. E’ un ricordo giallo arancio, come le luci artificiali sulla strada bianca.

Troppe spiegazioni

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Senza l’arte avremmo bisogno di troppe spiegazioni. Pavia è piena di queste scritte, sui muri dei palazzi in angoli più o meno visibili. Senza l’arte non potremmo usare una canzone per abbracciare qualcuno, senza l’arte non potremmo usare le parole degli altri, quelle che troviamo sui libri e tanto si adattano ai nostri pensieri. Senza l’arte non potremmo trovare respiro guardando un film, non potremmo rifugiarci nelle pagine di un romanzo. Non potremmo dire, esprimere, senza dover trovare spiegazioni spesso oscure anche a noi stessi.

Eurospar come la fenice

Come la fenice risorge dalle ceneri noi torneremo più forti di prima“. Vedo questo messaggio su Facebook, tra i link sponsorizzati. L’autore è il supermercato Eurospar di Pavia. E’ un gruppo creato di recente quello di Facebook, ha solo undici amici, nessun messaggio in bacheca. A parte questo “torneremo più forti” scritto in maiuscolo. Quasi una settimana fa un incendio ha distrutto il magazzino del market di via Fratelli Cervi nel quartiere ad ovest di Pavia. Tutta la merca da buttare e quell’odore acre nell’aria. L’ennesimo cortocircuito, dicono. Ora però vedo questo messaggio su Facebook e il cortocircuito mi convince sempre meno. L’Eurospar tornerà più forte di prima, dopo una vetrina spaccata, dopo il furto della cassaforte a inizio gennaio e ora dopo l’incendio che lo obbliga a tenere chiuso per un mese? A chi si rivolge il messaggio? Alle anziane clienti dell’Eurospar al quartiere Pelizza? Agli operai che andavano al reparto salumi per i panini del pranzo? Agli studenti delle residenze universitarie? Alle tante famiglie che hanno solo quel supermercato come riferimento a Pavia Ovest? Oppure si rivolge a chi ha preso di mira l’Eurospar? Una buona scelta comunicativa quella del gruppo olandese Despar: su Facebook (ripeto, undici utenti registrati come amici) ricorda che i punti Sempremi si possono accumulare nell’altro market cittadino e che sul sociale network si può seguire l’andamento dei lavori. Per un cortocircuito c’è bisogno di tante rassicurazioni alla clientela? Forse c’è qualcosa di più, ma guai a nominare le parole “incendio doloso”.

Obbligano al test di italiano, ma cancellano la libertà

Gasmi a Casablanca era un fotografo, adesso fa il magazziniere. Vive a Confienza, 60 chilometri da Pavia, 1700 abitanti, con sua moglie Messoudi e il piccolo Ryan (nella foto lei lo tiene in braccio tra i banchi). Gli chiedo quando hanno deciso di venire in Italia, perché. Gasmi non ci pensa molto: “E’ stato uno sbaglio”. Perché adesso per poter diventare italiano gli fanno fare un test. E perché non ha la libertà di essere quello che era nel suo Marocco. “Adesso possiamo dire solo sì signora”. Me lo dice Ludmilla, 53 anni, ucraina. Fa la badante, in una famiglia che ha adottato lei e suo marito da undici anni, questo la rende felice, sa che sta bene. Però in Ucraina lei era una professoressa di ucraino e lui di ginnastica. Poi un giorno quando Russia e Ucraina hanno preso strade diverse il suo stipendio si è perso nel nulla. Invece di soldi le hanno dato un sacco di farina e una cassa di vodka. Impossibile con questi far studiare all’università di ingegneria e di legge i suoi figli. Così sono partiti. Le chiedo se i suoi ragazzi la raggiungeranno. Le viene da piangere. “Mio marito non vuole. Dice che ci siamo già noi a doverci accontentare, a doverci preoccupare dello stipendio senza poter fare il lavoro di prima”. Così penso che lo Stato chiede ai suoi cittadini stranieri di fare un test per dimostrare che conoscono abbastanza bene l’italiano, lo fa con una prova che si basa su un livello di italiano definito “di sopravvivenza” perché richiede conoscenze base, utili per cavarsela nel quotidiano. Però è lo stesso Stato che non riesce a trovare un sistema per riconoscere la professionalità di chi lascia la sua casa e cerca un’altra vita in Italia. “Vedevo nei modi di chi tornava quell’atteggiamento di chi ha visto che si può fare un’altra vita, pensavo di trovare l’America”. Parshotam ha cercato la sua America in Italia. Ha lasciato l’India a 21 anni. Mi racconta che nessuno nella sua famiglia aveva mai abbandonato il Punjab. Lui invece lo ha fatto. Ha portato con sé Jeetpal (nella foto loro due insieme al figlio Om), sua moglie e il loro primo figlio Shivam, che adesso ha 14 anni. In Italia è nato Om, che adesso ha due anni e che ha pianto per tutta la durata del test, tra le braccia dei ragazzi del liceo artistico Volta che si sono improvvisati baby sitter per permettere alle mamme e ai papà che non sapevano a chi lasciare i bambini di poter svolgere la loro prova. Parshotam mi racconta che quello con Jeetpal è stato un matrimonio combinato, ma sottolinea che sono felici. Lei sorride dolce, avvolta in un abito rosa. Non dice nulla. Lui è anche la sua voce. In alcuni ho visto nostalgia, in altri serenità. Tra le 35 persone presenti al test di Pavia ho visto la tranquillità dei giovani, la paura degli anziani. E non dipende sempre da quello che hanno lasciato né da quello che hanno trovato. Penso a Ludmilla e a Yevheniy. Sono entrati in una scuola per rispondere alle domande di un esame. Loro che per 25 anni in Ucraina hanno insegnato sono dovuti tornare tra i banchi, entrare in una scuola sapendo che non sarà mai più la stessa cosa.


I BRUSCHI DETTAGLI

Raccontare, vedere poi ascoltare e scrivere. Leggere, chiedere, curiosare. E una pagina bianca per dirlo a qualcuno. Non il Tutto, solo qualche dettaglio

SUL COMODINO

Paul Auster, un po' di Pamuk, Erri De Luca

ULTIME LETTURE

Un uso qualunque di te (Sara Rattaro)

Twitter factor (Augusto Valeriani)

La vita è altrove (Milan Kundera)

1Q84 (Haruki Murakami)

Zita (Enrico Deaglio)

L'animale morente (Philip Roth)

Così è la vita (Concita de Gregorio)

I pesci non chiudono gli occhi (Erri De Luca)

Cattedrale (Raymond Carver)

Lamento di Portonoy (Philip Roth)

Libertà (Jonathan Franzen)

Il dio del massacro (Yasmina Reza)

L'uomo che cade (Don De Lillo)

Il condominio (James G. Ballard)

Sunset limited (Cormac McCarthy)

I racconti della maturità (Anton Cechov)

Basket & Zen (Phil Jackson)

Il professore di desiderio (Philip Roth)

Uomo nel buio (Paul Auster)

Indignazione (Philip Roth)

Inganno (Philip Roth)

Il buio fuori (Cormac McCarthy)

Alveare (Giuseppe Catozzella)

Il Giusto (Helene Uri)

Raccontami una storia speciale (Chitra Banerjee Divakaruni)

Cielo di sabbia (Joe R. Lansdale)

La stella di Ratner (Don DeLillo)

3096 giorni (Natascha Kampusch)

Giuliano Ravizza, dentro una vita (Roberto Alessi)

Boy (Takeshi Kitano)

La nuova vita (Orhan Pamuk)

L'arte di ascoltare i battiti del cuore (Jan-Philipp Sendker)

Il teatro di Sabbath (Philip Roth)

Sulla sedia sbagliata (Sara Rattaro)

Istanbul (Orhan Pamuk)

Fra-Intendimenti (Kaha Mohamed Aden)

Indignatevi! (Stéphane Hessel)

Il malinteso (Irène Némirovsky)

Nomi, cognomi e infami (Giulio Cavalli)

Tangenziali (Gianni Biondillo e Michele Monina)

L’Italia in seconda classe (Paolo Rumiz)

ULTIME VISIONI

Be kind rewind (Michel Gondry, 2007)

Kids return (Takeshi Kitano, 1996)

Home (Ursula Meier, 2009)

Yesterday once more (Johnnie To, 2007)

Stil life (Jia Zhang-Ke, 2006)

Cocaina (Roberto Burchielli e Mauro Parissone, 2007)

Alla luce del sole (Roberto Faenza, 2005)

Come Dio comanda (Gabriele Salvatores, 2008)

Genova, un luogo per dimenticare (Michael Winterbottom, 2010)

Miral (ulian Schnabel, 2010)

Silvio forever (Roberto Faenza, 2011)

Election (Johnnie To, 2005)

Oasis (Lee Chang-dong, 2002)

Addio mia concubina(Chen Kaige, 1993)

La nostra vita (Daniele Luchetti, 2010)

Departures (Yojiro Takita, 2008)

La pecora nera (Ascanio Celestini, 2010)

Flags of our fathers (Clint Eastwood, 2006)

L'uomo che fissa le capre (Grant Heslov, 2009)

Buongiorno Notte (Marco Bellocchio, 2003)

Vallanzasca - Gli angeli del male (Michele Placido, 2010)

Paz! (Renato De Maria, 2001)

Stato di paura (Roberto Burchielli, 2007)

Gorbaciof (Stefano Incerti, 2010)

L'esplosivo piano di Bazil (Jean-Pierre Jeunet, 2008)

Confessions (Tetsuya Nakashima, 2010)

127 ore (Danny Boyle, 2010)

Qualunquemente (Giulio Manfredonia, 2011)

American life (Sam Mendes, 2009)

Look both ways (Sarah Watt, 2005)
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