Archivio per luglio 2009

“Signorina, le devo raccontare la mia storia”

stazionepanchina“Che cosa sta leggendo signorina”?
“E’ un libro sulla storia d’amore tra il pittore Boccioni e una principessa romana”.
“Non lo conosco, lui”.
“E’ un futurista… hanno ritrovato delle loro lettere”.
“Ma allora è una storia vera… sono belle le storie d’amore. Signorina, allora le devo raccontare la mia storia”.

Così questa signora con i capelli bianchi bianchi si è seduta sulla panchina accanto a me, che aspettavo il treno. Il viso pieno di rughe, un maglione nero, la sottoveste scura usata come una gonna. Un po’ matta forse, non so. Aveva voglia di raccontarmi la sua storia, e nelle stazioni la memoria scorre lenta sui binari.
Questo è il suo racconto.

Era il 19 agosto del 1986. Io avevo 65 anni. Mi ero unita a una comitiva che andava a Medjugorje. Non conoscevo nessuno bene, amici di amici, così quando siamo arrivati lì, e allora non c’erano guide turistiche, la chiesa non aveva ancora detto niente di ufficiale su quel posto, non ci ho pensato due volte, ho lasciato gli altri e ho iniziato a salire sulla collina. Ricordo una donna vestita di nero, mi ha parlato della sua Ivanka, non aveva più la mamma. Lei vedeva la Madonna. Camminavo su questo sentiero, in mezzo ai prati, c’erano delle croci bianche sul cammino. Poi a un certo punto tutto è diventato azzurro, non c’erano più prati, non c’era più niente, era tutto azzurro e in alto vedevo una luce circolare, come un disco più chiaro che si avvicinava a me. Ho avuto paura di morire. Ho messo una mano sulla testa, e mi dicevo che sarei morta così da sola, in questo posto lontano. E poi quando tutto è finito ho avuto paura di essere diventata pazza. Quando sono scesa ho fermato una delle bambine che vedeva le apparizioni. Ho raccontato alla più grandicella quello che avevo visto, per capire se ne sapevano qualcosa. Lei mi ha risposto: “Stasera alle 18 ho appuntamento con la Madonna, poi ti faccio sapere”. Loro parlavano così, come fosse una cosa normale. La mattina dopo mi ha vista in strada, dal vetro di casa sua. E’ uscita, mi ha appoggiato la mano sulla spalla e mi ha detto, seria: “Devi pregare. La Madonna ha detto che devi pregare tanto, poi un giorno capirai perché”.

Io ho pregato, e pregavo e passavano gli anni e non capivo. Ho pensato di essere diventata matta, quasi stavo andando da un medico. Ma poi ho lasciato perdere. Pregavo e non capivo. Fino a quella mattina, erano passati cinque anni da quando ero andata a Medjugorje. Stavo camminando su un marciapiede, e a un certo punto ho sentito solo un dolore fortissimo. Una ruspa aveva iniziato a muoversi all’indietro e mi stava schiaccianndo. E’ arrivata fino al collo e in quel momento è passata un’ambulanza. Ho avuto paura di morire, ero sicura che sarei morta su quella barella. In ospedale mi hanno operata, mi hanno tolto la milza e il pancreas. Ero piena di tubi, sono stata giorni e giorni in rianimazione. I medici passavano e sentivo che dicevano che non potevano fare nulla. Poi mi hanno operata ancora. Avevo un braccio spaccato in due punti, sangue nei polmoni, e ogni costola del mio torace era stata schiacciata. Sono passati altri dodici giorni in rianimazione, lo ricordo con precisione. Poi un giorno ho chiamato il medico. Gli ho detto che stavo bene, che volevo mangiare, che avevo fame. Gli ho detto che volevo andare a casa. Lui mi ha detto che era impossibile, mi ha elencato tutto quello che avevo. Non si poteva, sarei morta. Ma io non potevo più stare lì, sentivo di stare bene e ho firmato il foglio per uscire. In auto, mentre mi riportavano a casa, mi sono messa a piangere. Avevo capito. Quel giorno era il 25 di giugno, il giorno che la Madonna lascia ogni mese il suo messaggio. Quel giorno ho capito perché mi aveva detto di pregare. Mi ha dato la grazia, io dovevo essere morta e invece mi ha fatta vivere. Il sangue nei polmoni è andato via da solo in due giorni, le costole non so come si sono aggiustate. E il braccio… le radiografie dicono che è rotto, ma io lo muovo, mi attacco all’autobus, afferro gli oggetti. Lo muovo come se niente fosse. Solo adesso che ho 84 anni fa un po’ male, ma con questo braccio spaccato posso fare tutto. Io ho avuto paura di essere pazza, poi tanti anni dopo la chiesa ha riconosciuto quelle apparizioni. E ci sono dei filmati. In quel cielo succedono cose strane. E io l’ho visto.

She’s so unusual

trenoNon credo nell’oroscopo. Non mi affido a chi crede di leggere il futuro nelle stelle. Però credo nelle parole e nel loro fascino. E così leggo volentieri righe che più che di previsioni sanno di poesia. L’oroscopo dei pesci di D oggi sembra l’incipit di un romanzo.

She’s so unusual. Aspetta sul marciapiede della stazione vuota, ma all’orizzonte non arriva alcun treno. Sta persa con lo sguardo all’infinito, di sicuro sogna qualcosa che neanche gli uccelli che volano liberi possono immaginare. Così strana che riesce ad annullare il tempo: forse è convinta che il treno giusto sua quello che arriva fuori orario, quando il capostazione va a farsi uno spuntino. Le ragazze sperdute amano i ragazzi gentili. Strano che nessuno passi nella stazione vuota, che non scendano angeli dal cielo e nemmeno ci sia il fruscio di un Freccia Rossa che si porta via tutti i pensieri.

Pavia-Genova alla bolognese

minibasketAlzo lo sguardo dal mio giornale e curioso tra le facce degli altri passeggeri. Sono sul solito treno delle 11.35 della domenica mattina, quello che da Pavia mi porta a Genova. Non metto la musica nelle orecchie, mi lascio libera di ascoltare quello che raccontano. Sono circondata da quattro ragazzini di 12-13 anni, stanno andando insieme ad un allenatore a Sanremo. Quando poi mi coinvolgono nella conversazione, mi spiegano che sono la squadra maschile dell’Emilia Romagna per il Jamboree di Sanremo, un torneo di minibasket con 12 squadre in rappresentanza di altrettante regioni. “Vi hanno scelti anche per il carattere, per come sapete stare in campo”, spiega Federico, l’allenatore, quando Luca gli chiede perché non hanno preso “il biondo”. Uno bravo, mi dicono. Ma loro scherzano, “noi siamo i migliori”. Alcuni giocano nelle giovanili della Fortitudo. Due sono di Bologna, uno di Ferrara, l’altro non so. “Ma tu andresti a vivere in un’altra città se la società ti chiama?”, chiede sempre Federico. Perché i ragazzi iniziano a raccontarsi di loro coetanei, anzi forse con qualche anno in più, che sono andati a vivere lontano da casa, “e gli pagano tutto, la scuola e anche i vestiti”, sottolineano. “Be’ a Siena non ci andrei, però andrei in America”, risponde uno dei due più piccolini. “Vuole giocare nei Boston Sceltics“, aggiunge al suo posto uno alto alto, con i capelli tirati indietro da un cerchietto. E ridono per quella “sc” che con l’inglese non ha niente a che vedere, ma che è marchio indelebile della sua bolognesità. Mi spiegano che si sono conosciuti solo quella mattina, giocano tutti in società diverse. “Veramente io e lui ci siamo conosciuti sul campo”, mi dice un piccolino con gli occhi chiari. Hanno una parlata che fa sorridere, e loro sono simpatici. Iniziano a prendersi in giro sui voti della pagella. Italiano mi sembra essere il punto debole di tre su quattro, il quattro che subito etichettano come “secchione” ha preso 10. Anche l’allenatore non li conosceva, se non per le selezioni. E’ un istruttore nazionale di minibasket, seguirà i ragazzi e le ragazze, che ridono e scherzano  nello scompartimento a fianco, per tutta la settimana. Tengo sulle ginocchia il mio giornale, ormai lo lascio lì aperto a coprirmi le ginocchia. Mi sento bene, mentre sono lì seduta in quello scompartimento, mi sento bene. Fanno casino, mettono al massimo il volume del cellulare per sentire le canzoni di Michael Jackson. E’ quasi mezzogiorno e iniziano a ripetere in continuazione che hanno fame. Alle 12.20 in punto Federico li fa mangiare. Tirano fuori i panini, si dividono le brioches. Si respira un’aria pulita, fresca. Sono vivaci, sanno stare insieme. Mi sembra di vedere quanto può essere positivo per questi bambini giocare a basket. Poi ovviamente hanno preteso di sapere qualcosa di me. Io di loro a quel punto sapevo già troppe cose. Così gli racconto cosa faccio, da dove vengo, dove vivo. Mi ascoltano e mi fanno domande. Sono spontanei. Ecco, sono spontanei e questo ti fa sentire bene.


I BRUSCHI DETTAGLI

Raccontare, vedere poi ascoltare e scrivere. Leggere, chiedere, curiosare. E una pagina bianca per dirlo a qualcuno. Non il Tutto, solo qualche dettaglio

SUL COMODINO

Paul Auster, un po' di Pamuk, Erri De Luca

ULTIME LETTURE

Un uso qualunque di te (Sara Rattaro)

Twitter factor (Augusto Valeriani)

La vita è altrove (Milan Kundera)

1Q84 (Haruki Murakami)

Zita (Enrico Deaglio)

L'animale morente (Philip Roth)

Così è la vita (Concita de Gregorio)

I pesci non chiudono gli occhi (Erri De Luca)

Cattedrale (Raymond Carver)

Lamento di Portonoy (Philip Roth)

Libertà (Jonathan Franzen)

Il dio del massacro (Yasmina Reza)

L'uomo che cade (Don De Lillo)

Il condominio (James G. Ballard)

Sunset limited (Cormac McCarthy)

I racconti della maturità (Anton Cechov)

Basket & Zen (Phil Jackson)

Il professore di desiderio (Philip Roth)

Uomo nel buio (Paul Auster)

Indignazione (Philip Roth)

Inganno (Philip Roth)

Il buio fuori (Cormac McCarthy)

Alveare (Giuseppe Catozzella)

Il Giusto (Helene Uri)

Raccontami una storia speciale (Chitra Banerjee Divakaruni)

Cielo di sabbia (Joe R. Lansdale)

La stella di Ratner (Don DeLillo)

3096 giorni (Natascha Kampusch)

Giuliano Ravizza, dentro una vita (Roberto Alessi)

Boy (Takeshi Kitano)

La nuova vita (Orhan Pamuk)

L'arte di ascoltare i battiti del cuore (Jan-Philipp Sendker)

Il teatro di Sabbath (Philip Roth)

Sulla sedia sbagliata (Sara Rattaro)

Istanbul (Orhan Pamuk)

Fra-Intendimenti (Kaha Mohamed Aden)

Indignatevi! (Stéphane Hessel)

Il malinteso (Irène Némirovsky)

Nomi, cognomi e infami (Giulio Cavalli)

Tangenziali (Gianni Biondillo e Michele Monina)

L’Italia in seconda classe (Paolo Rumiz)

ULTIME VISIONI

Be kind rewind (Michel Gondry, 2007)

Kids return (Takeshi Kitano, 1996)

Home (Ursula Meier, 2009)

Yesterday once more (Johnnie To, 2007)

Stil life (Jia Zhang-Ke, 2006)

Cocaina (Roberto Burchielli e Mauro Parissone, 2007)

Alla luce del sole (Roberto Faenza, 2005)

Come Dio comanda (Gabriele Salvatores, 2008)

Genova, un luogo per dimenticare (Michael Winterbottom, 2010)

Miral (ulian Schnabel, 2010)

Silvio forever (Roberto Faenza, 2011)

Election (Johnnie To, 2005)

Oasis (Lee Chang-dong, 2002)

Addio mia concubina(Chen Kaige, 1993)

La nostra vita (Daniele Luchetti, 2010)

Departures (Yojiro Takita, 2008)

La pecora nera (Ascanio Celestini, 2010)

Flags of our fathers (Clint Eastwood, 2006)

L'uomo che fissa le capre (Grant Heslov, 2009)

Buongiorno Notte (Marco Bellocchio, 2003)

Vallanzasca - Gli angeli del male (Michele Placido, 2010)

Paz! (Renato De Maria, 2001)

Stato di paura (Roberto Burchielli, 2007)

Gorbaciof (Stefano Incerti, 2010)

L'esplosivo piano di Bazil (Jean-Pierre Jeunet, 2008)

Confessions (Tetsuya Nakashima, 2010)

127 ore (Danny Boyle, 2010)

Qualunquemente (Giulio Manfredonia, 2011)

American life (Sam Mendes, 2009)

Look both ways (Sarah Watt, 2005)
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